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Channel: Ibrid@menti » sciopero della fame
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Nervi tesi

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Tanto per capirci, e per chiarire che qua nessuno è tanto fesso da pensare che la rete sia un mondo perfetto.
Io, per dire, della rete mi fido di più quando “pensa” che quando “reagisce”.
Nei giorni scorsi si è parlato della storia di Paola, che aspettava l’occasione di essere assunta al Corriere della Sera dopo sette anni passati da collaboratrice a contratto. Alle dimissioni di un collega più anziano, Paola ha pensato “finalmente è il mio momento”, per cadere nello sconforto subito dopo: le è stato preferito un collega più giovane!

Così scrive le sue lamentazioni al direttore De Bortoli, e nello stesso tempo inizia uno sciopero della fame e della sete.
È una vicenda che angoscia, quella di Paola. Nessuno dovrebbe essere costretto a fare sette anni di anticamera, nessuno dovrebbe essere costretto a domandarsi “ma se quello che faccio è buono davvero, perché mi tengono sempre sulla soglia della porta?”. La sua storia è un po’ quella, vista troppe volte, di tanti precari giovani e meno giovani.

Così la rete risponde immediatamente. I blog raccolgono la storia. Che fanno? Si informano, approfondiscono, cercano di capire, magari insieme a Paola? No. Col digiuno non si scherza, e lo sciopero della sete è ancora peggio. Per di più, iniziato alle porte del week end, quando verosimilmente nessuno decide niente fino al lunedì. Ma la deprivazione di liquidi non ti lascia tanto tempo per aspettare (leggete il bel resoconto di Macchianera, che nelle prime ore ha fatto il possibile per salvare la salute di Paola e stamattina, un po’ più a freddo, torna a raccontare quelle ore convulse).
Così i blog reagiscono. Non c’è altro da fare e non c’è tempo da perdere. Rilanciano la storia del “pivello” (secondo le parole di Paola) “assunto” al posto di Paola. Fanno circolare il testo di una email da spedire al direttore De Bortoli. Qualcuno apre un gruppo di supporto su Facebook, altri gruppi simili nascono su Friendfeed. Circolano dichiarazioni di solidarietà e circola anche il testo del messaggio da spedire: molti, suppongo, lo spediscono. La giornalista accetta di sospendere lo sciopero della sete.

Qui però accade quello che non doveva accadere, e di cui Paola è la prima vittima.
Partono, diretti al Corriere, messaggi che riportano la storia di Paola nella versione raccontata a caldo dall’interessata e che accusano il giornale, accompagnando le accuse con la formula “…se quello che Paola dice è vero (e non ho motivo di dubitarne) ecc. ecc.”.
Nello stesso tempo però altri si domandano “è stato assunto un altro? Ma se il Corriere ha dichiarato lo stato di crisi!” (spiegava bene Il Post come una cosa escluda l’altra: lo stato di crisi è “una precisa fattispecie legale” che garantisce agevolazioni fiscali a una azienda ma impedisce di fare assunzioni se non direttamente necessarie al suo risanamento). Altri ancora notano come la storia del “raccomandato” manchi di sufficiente approfondimento per capire come sia andata veramente.
Matteo Bordone sul suo blog fa le pulci a tutta la questione: dopodiché viene rampognato e insultato qua e là per la rete, ma la sua è una risposta a una storia banalizzata e semplificata, e a mio avviso è una risposta impeccabile, scritta forse con uno stile che qualcuno trova urticante. Federica Sgaggio, che i meccanismi delle assunzioni nei quotidiani li conosce e ne scrive da anni, scrive due post in cui, pure, segnala incongruenze e ambiguità del caso montato.
Paola aveva scritto alla rete uno sfogo per annunciare il proposito di digiuno estremo. Ma lo sfogo è diventato in poche ore qualcosa di diverso.
De Bortoli risponde, spiega che non aveva mai ricevuto la email di Paola e dice che di nuove assunzioni non si è mai parlato. La situazione va così verso la direzione che non avrebbe mai dovuto prendere: Paola risponde dal suo blog e le tocca dire non mi aspettavo tante reazioni e sì, forse sulla faccenda dell’assunzione mi sono sbagliata.
Beh: converrete che per una che lotta per continuare a fare la giornalista (che è il mestiere di chi raccoglie le informazioni, le organizza e soprattutto le verifica), era meglio non ritrovarsi in una situazione del genere.
È stato un buon servizio quello che la rete ha reso a questa professionista e a quanti si trovano in una situazione simile alla sua (dei quali lei era stata eletta a simbolo)? Secondo me di ragioni per dubitarne se ne possono trovare a carrettate.
Stamattina Paola pubblica un post che, oltre a preoccuparci per la sua salute, rattrista per affermazioni come “…non troverò posto in altri giornali (chi si prende una piantagrane?). Nel mondo della comunicazione sono bruciata”. Il mio augurio è naturalmente che le cose non vadano così, che le ragioni di digiunare cessino presto e che un giornale sappia vedere nella tenacia di questa donna una risorsa preziosa.

La rete è una specie di “mente” collettiva, che può contare su suoi meccanismi autocorrettivi che ne limitano le cazzate e ne aumentano l’affidabilità: ma quei meccanismi hanno bisogno di tempo per funzionare. Io mi fido molto, per esempio, di Wikipedia, in virtù di quei meccanismi: ma mi fido di più se torno a controllare una stessa voce il giorno dopo. Mi fido poco, invece, di quello che la rete a volte produce quando “reagisce”.

Ah: alcuni dei blog che avevano scritto parole di fuoco e avevano diffuso il testo da spedire al giornale, con la formula “…se quello che Paola dice è vero (e non ho motivo di dubitarne) ecc. ecc.”, hanno cancellato dal post del giorno prima sia le parole di fuoco che la formula. I loro articoli, corretti in nottata, diventano degli amichevoli e accomodanti inviti a De Bortoli a ricevere una co.co.co. che rischia di ammalarsi. Vabbè.


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